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Agenda 2030





                 Nel 1987 lo sviluppo sostenibile è il focus di un documento dal nome
                 molto significativo, Il nostro futuro comune (Our Common Futu-
                 re). È Gro Harlem Brundtland, medico già molto sensibile al tema
                 della salute come diritto dell’uomo e prima donna che diventa capo
                 del governo della Norvegia, a presiedere la Commissione Mondiale
                 sull’Ambiente e lo Sviluppo e a redigere quello che, per il suo impegno,
                 è chiamato anche Rapporto Brundtland.
                 Il documento contribuisce a una nuova cultura, consapevole dell’impatto delle attività
                 umane sull’ambiente. Definisce lo sviluppo sostenibile come “il modello di sviluppo
                 che soddisfa i bisogni della generazione presente, senza compromettere la
                 capacità delle generazioni future di soddisfare i propri”.
                 Per la prima volta, lo sviluppo economico è messo in rapporto con il diritto dei nostri
                 figli e nipoti di disporre delle risorse tanto quanto noi.
                 In questo modo, il concetto di sviluppo sostenibile acquisisce un approccio sociale: in
                 rilievo sono la responsabilità, individuale e collettiva, e una visione a lungo termine.
                 Le scelte sbagliate di oggi hanno ripercussioni sull’ambiente e possono danneggiare noi
                 stessi, ma l’aspetto più grave è che rischiano di non offrire alle generazioni future nem-
                 meno la possibilità di scegliere.
                 La gestione corretta dell’ambiente diventa così non un ostacolo allo sviluppo, ma la
                 condizione necessaria per uno sviluppo duraturo.

                  Nel 1992 a Rio de Janeiro, in Brasile, si svolge la Conferenza ONU su Ambiente e Svi-
                 luppo (Summit della Terra), da cui scaturisce il documento Agenda 21: un protocollo
                 di azioni anche a livello locale su ambiente, economia e società, in previsione del
                 ventunesimo secolo.

                  Nel 1997 si elabora il Protocollo di Kyoto, in Giappone, che sollecita i Paesi industria-
                 lizzati a collaborare con quelli in via di sviluppo e stabilisce obiettivi per la riduzione
                 dei gas serra.

                  Nel 2002 il Summit mondiale sullo sviluppo sostenibile (Rio+10) di Johannesburg,
                 in Sudafrica, è la continuazione della conferenza del 1992 e fa il punto sull’attuazio-
                 ne dell’Agenda 21.
                  Nel 2012 sempre a Johannesburg, la Conferenza ONU sullo sviluppo sostenibile
                 (Rio+20) valuta le azioni intraprese e pianifica nuovi obiettivi.

              L’Agenda 2030


              Il documento, approvato nel 2015, è entrato in vigore a partire dal 1° gennaio 2016 ed
              elenca 17 Obiettivi, a loro volta ripartiti in 169 traguardi.
              L’importanza di tale accordo è considerata epocale, perché per la prima volta riconosce
              che tutti i Paesi della Terra, senza distinzione, devono farsi parte attiva e promotori
              del raggiungimento degli obiettivi prefissati; inoltre, dichiara apertamente che il mo-
              dello di sviluppo attuale è insostenibile; sollecita un grande coinvolgimento di tutta
              la società, dai centri di ricerca alla società civile.





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