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IL RACCONTO UMORISTICO
Il giardino stregato attendeva paziente la sua vittima. Un colpo di testa
appena un po’ alto, il portiere che respingeva male con il pugno, un rim-
balzo, un urto e il pallone piombava nel giardino maledetto.
Ci arrampicavamo sul muro, di corsa. E lo vedevamo sgonfiarsi su un cactus
o su un sasso-killer. I nostri occhi si riempivano di lacrime. La signora
Somaruga usciva subito in vestaglia con un ghigno crudele, prendeva il
mezzo palloncino sgonfio e ce lo rimandava sempre con le stesse orren-
de parole di scherno “To’, facci un cappellino!”, aggiungendo una risata
diabolica. Poi faceva una carezza al cactus dicendogli “Bravo, Antonio” e
scompariva nella sua casa urlando: – Andate a giocare in un’altra strada!
Si dice che, appena il pallone varcava il recinto, suonasse un segnale
d’allarme, così la strega poteva correre alla finestra e assistere al delitto.
Un mio amico, tale Berardini, giura che nel giardino della Somaruga di via
Ranzani c’erano due cactus semoventi che la signora spostava con carrelli
telecomandati per poter forare il pallone al volo.
Nessuno, nessuno poteva sfuggire alla maledizione!
Stefano Benni, Una razza in estinzione, in “Linus”, Rizzoli
Che cosa VUOL DIRE?
Insieme ai compagni, cerca di spiegare il significato delle parole
colorate nel testo, tenendo conto delle frasi in cui sono inserite.
Se siete in difficoltà, usate il dizionario.
Perché il narratore si riferisce alla signora Somaruga usando il
termine strega?
Te lo dico A VOCE
Descrivi ai tuoi compagni una persona che conosci utilizzando la stessa
tecnica presente in questo racconto: cerca, cioè, di rendere alcune sue
caratteristiche esagerate, in modo da farle diventare comiche.
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