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C CONOSCENZE E COMPETENZE
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Avventura su Venere
Sul pianeta Venere, gli uomini attraversarono il fiume e nell’attraversarlo
pensarono alla Cupola Solare, che li attendeva più avanti, tutta lucente
sotto la pioggia della giungla. Una costruzione gialla, rotonda e luminosa
come il sole. Una casa alta cinque metri e con un diametro di trentacinque,
entro la quale c’erano tepore, cibo, liberazione dalla pioggia.
Lì ce lo avrebbero trovato, il sole giallo, proprio come quello che si vede
dalla Terra: un buon sole caldo e continuo, e il mondo piovoso di Venere
sarebbe stato dimenticato fino a quando fossero rimasti nella Cupola
in dolce ozio.
La pioggia saltellava, danzava sulla loro pelle, sulle uniformi inzuppate.
E, mentre se ne stavano così, lontano esplose un urlo di tuono. E il mostro
emerse dalla pioggia.
Il mostro aveva un corpo enorme e si reggeva su mille zampe elettriche.
Avanzava veloce e ogni volta che posava una zampa sul terreno lo faceva
con forza terrificante. E ovunque la zampa si posasse, un albero cadeva al
suolo, in fiamme.
Il mostro era lungo mezzo chilometro e alto il doppio, e procedeva
tastando cauto il terreno come un immenso animale cieco. Talvolta, per
un istante, non aveva più zampe, nemmeno una. E poi, in un momento,
mille fruste violente e luminose spuntavano fuori dal grande ventre, fruste
bianco-blu, a flagellare la giungla.
– Ecco la tempesta magnetica! – disse uno degli uomini. – È la tempesta che
ha stravolto le nostre bussole. E ci viene addosso!
– Tutti a terra! – ordinò il tenente. – La tempesta colpisce i punti più alti.
Abbiamo molte probabilità di cavarcela. Gettiamoci a terra a una ventina
di metri dalla nostra navicella. Può darsi che la tempesta le scarichi contro
la sua forza e ci risparmi. Presto, giù!
Gli uomini si appiattirono al suolo.
– Si avvicina? – si chiedevano a vicenda.
– Sì... Eccola!
Il mostro era giunto, incombeva su di loro. Lanciò verso il basso dieci
bianchi tentacoli di folgore, che colpirono la navicella. Il metallo lampeggiò
emettendo un forte rintocco, come un gong sotto un colpo di martello.
Ray Bradbury, Pioggia senza fine, Einaudi
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