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LEGGERE, CAPIRE E RACCONTARE
                             UN AMICO SPECIALE
                             UN AMICO SPECIALE





            1   Leggi il racconto in modo espressivo, prestando
                attenzione alla punteggiatura e al discorso diretto.
                C’era una bambina di nome Irene, figlia unica e un
                po’ solitaria, con un desiderio più grande di qualun-
                que altro: lei non voleva i videogiochi, le scarpe con
                i luccichii o la maglietta della serie vista in TV, come
                tutte le sue compagne di classe che coltivano desideri
                molto simili. Lei no, lei voleva solo una cosa: avere
                un animale domestico tutto per sé. Si sarebbe accon-
                tentata anche di un pesce, muto e silenzioso come
                tutti i pesci, o di un criceto interessato soltanto alla
                sua provvista di semini e a girare in modo forsennato
                dentro la ruota di plastica.
                Il problema era che i suoi genitori non volevano nemmeno
                sentire parlare di animali, di qualunque taglia, pelo, colore,
                genere o famiglia fossero. Non avrebbero autorizzato la presenza
                nemmeno di una coccinella in casa loro.
                Così, essendo una bambina intraprendente, Irene decise che il suo animale se lo sarebbe inven-
                tato. Prese un cuscino, gli scattò una fotografia e sulla foto scrisse: Hugo che dorme.
                La mostrò ai suoi genitori.
                – Guardate com’è carino! Quando l’avrete conosciuto sono sicura che gli vorrete bene anche voi.
                – È proprio grazioso... – disse la mamma. – Penso che possiamo tenerlo: di che razza è?
                – È un cane – rispose tranquillamente Irene. – La razza non è importante, è un cane e basta.
                Essendo un cane immaginario, mangiava cibo immaginario e beveva acqua immaginaria ma, es-
                sendo un cane, andava portato fuori almeno due volte al giorno con il guinzaglio.
                Mamma e papà sorridevano di meno adesso che vedevano Irene uscire da sola perché Hugo po-
                tesse fare la pipì: era buffa la loro bambina che si trascinava dietro il guinzaglio e il collare e ogni
                tanto si voltava per parlare a un cane che non c’era. E i vicini, che cosa dicevano? Che Irene, per
                dirla tutta, sembrava un po’ svitata.
                Un giorno, nell’appartamento vuoto al piano di sotto, venne a vivere
                una famiglia con un bambino della stessa età di Irene. Si chiamava
                Tito, era figlio unico anche lui, un po’ solitario anche lui. Ma, come
                succede a volte, è facile smettere di essere solitari se ci si ritrova
                all’improvviso in due, e alla distanza di due rampe di scale.
                – Anch’io avevo un animale immaginario... – raccontò Tito a Irene.
                – Si chiamava Dan, è scappato durante il trasloco. Secondo me
                adesso che è libero sta meglio. Senti, giochiamo a scacchi io e te?
                Piano piano Irene cominciava a dimenticarsi di riempire le ciotole
                di Hugo, di portarlo fuori più volte al giorno o di giocare con
                lui; fu così che una mattina Hugo sparì. Succede con gli amici
                immaginari: viene sempre il momento in cui se ne vanno. Però
                aveva guadagnato un amico reale.



                   Leggere, comprendere e rielaborare un racconto realistico; conoscere la struttura di un testo narrativo;
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