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ITALIANO   ASCOLTO E PARLATO
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                                                    Il cucciolo d'uomo



                                 Erano le sette in punto di una sera molto calda, quando Papà Lupo si
                                 svegliò dal suo riposo giornaliero. Mamma Lupo stava distesa, col grosso
                                 naso grigio posato sui quattro cuccioli che ruzzolavano e guaivano. La
                                 luna splendeva all’imboccatura della caverna dove abitavano tutti insieme.
                                 – Augh! – disse Papà Lupo. – È ora di tornare a caccia.
            Stava per spiccare un balzo giù dalla collina, quando una piccola ombra con una folta coda
            attraversò l’apertura e piagnucolò: – Buona fortuna a te, o Capo dei Lupi. E buona fortuna
            ai nobili marmocchi: che non dimentichino mai gli affamati a questo mondo.
            Era lo sciacallo Tabaqui, il Leccapiatti.
            – Entra a dare un’occhiata... – disse Papà Lupo, scontroso. – Ma guarda che non troverai
            niente da mangiare qui.
            Tabaqui sgattaiolò in fondo alla caverna dove trovò un osso di capriolo con un po’ di carne
            ancora attaccata e si accovacciò a sgranocchiarlo.
            – Grazie di cuore per questo buon pasto! – disse leccandosi i baffi. Poi aggiunse in tono
            maligno: – Shere Khan il Grosso ha cambiato territorio di caccia. Mi ha detto che per la
            prossima luna caccerà tra queste colline.
            Shere Khan era la tigre che abitava sul fiume a trenta chilometri di distanza.
            – Non ne ha il diritto! – esclamò Papà Lupo con rabbia. – Secondo la Legge della Giungla,
            non ha il diritto di cambiare territorio senza avvisare per tempo. Spaventerà tutta la selvag-
            gina che è qui in zona...
            Poi aggiunse: – Vado... Sento già Shere Khan nei cespugli qui sotto.
            – Sì, qualcosa risale la collina... – disse Mamma Lupo tendendo l’orecchio. – Preparati!
            I cespugli frusciarono leggermente e Papà Lupo si accucciò sulle zampe, pronto a spiccare
            un balzo. Poi si fermò.
            – Un uomo! – abbaiò. – Un cucciolo d’uomo. Guarda!
            Proprio davanti a lui, aggrappato a un ramo basso, c’era un bambino nudo e con la pelle
            scura che riusciva appena a camminare: un batuffolo morbido e paffuto come non si era
            mai visto in una tana di lupo.
            – Un cucciolo d’uomo? – chiese Mamma Lupo. – Non ne ho mai visto uno. Portalo qui.
            Le mandibole di Papà Lupo si richiusero proprio sulla schiena del bambino, e quando lo
            depose in mezzo ai cuccioli, sulla sua pelle non c’era nemmeno un graffio.
            – Che piccolo! Tutto nudo, e che audace! – disse Mamma Lupo teneramente. – Si è messo
            a succhiare con gli altri. Allora questo sarebbe un cucciolo d’uomo.
            – Potrei ucciderlo con una zampata. E invece alza gli occhi e non ha paura.
            All’improvviso, la luce della luna fu oscurata all’imboccatura della caverna: Shere Khan infilò
            la grande testa squadrata e le spalle nell’apertura.
            – La mia preda... Un cucciolo d’uomo è venuto da questa parte... – disse Shere Khan. – I
            suoi genitori sono scappati. Dallo a me.
            Papà Lupo sapeva che l’imboccatura della caverna era troppo stretta per una tigre e che
            Shere Khan non sarebbe mai riuscito a entrare nella tana.



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