Page 134 - missione italiano potenziare
P. 134

FACCIAMO UNA PROVA!
                FACCIAMO UNA PROVA!

                                 LEGGERE E COMPRENDERE



                                      UN TESTO NARRATIVO



           ♦  Leggi questo testo.


              La pineta

              Forse anche a voi fanno paura le sabbie mobili. Magari non le conoscete, ma di sicuro ne
              avrete sentito parlare, o le avrete viste in qualche film in cui a un certo punto ci sono dei
              cattivi che sprofondano in acque torbide e melmose.
              Bene: io ne avevo paura, e tanta! Ancora adesso, appena le sento nominare, per un attimo
              provo un fastidio acuto, che scompare velocemente come un pizzicotto ma che risveglia
              un ricordo lontano.

              Avevo circa nove anni ed era estate. Mi trovavo in una località della Versilia, in Toscana,
              in vacanza con i miei. Quando dico miei, intendo mio padre e mia madre: fratelli e sorelle
              non ne ho.
              Avevamo preso in affitto una casetta ai margini della pineta, in una zona tranquilla dove
              raramente passavano delle automobili e io avevo il permesso di girare con la bicicletta nelle
              vie intorno. La spiaggia era vicina, ma di pomeriggio non ci andavamo, così ero libera di
              stare in giardino o di perlustrare la zona.
              Amavo la mia bicicletta. L’avevo chiamata Frida e la trattavo come se fosse il mio cavallo:
              di sera la legavo con una corda alla grata dello scantinato, strappavo un mucchietto di
              erba, lo deponevo alla base della ruota anteriore e dicevo: – Brava Frida, adesso mangia!
              Frida era il mio assaggio di libertà. Libertà voleva dire: scelgo se correre, andare piano,
              girare a destra, girare a sinistra. Una libertà che da adulta avrebbe comportato ben altre
              scelte, ma in quel momento a me sembrava il massimo.
              – Non andare in pineta! – mi dicevano i miei.
              – Perché? – chiedevo io. La pineta iniziava dopo la seconda curva e sembrava così tranquilla,
              con il canto ininterrotto delle cicale e quella luce delicata che filtrava dagli aghi di pino.
              – Perché è pericoloso! – mi rispondevano seccamente.
              – E perché è pericoloso? – insistevo io.
              – Puoi cadere, perché il terreno è sconnesso. Potresti essere importunata da qualcuno. E
              poi... E poi ci sono le sabbie mobili.
              Le sabbie mobili... All’inizio non sapevo che cosa fossero, quindi l’ho chiesto ad Anna, la
              mia amica della spiaggia.
              – Le sabbie mobili sono degli stagni, ma degli stagni strani, perché se ci entri sprofondi e
              se cerchi di uscire sprofondi ancora di più e poi scompari.
              Così mi aveva detto, senza chiedere il perché della mia domanda; fatto sta che diventavo
              sempre più curiosa di vedere davvero quella specie di stagno.
              La pineta dietro alla curva ogni giorno mi sembrava più vicina e nello stesso tempo più
              pericolosa. Sentivo il desiderio di entrarvi ogni volta che giungevo in prossimità. Vedevo
              altre persone in bicicletta che sparivano lì dentro e mi chiedevo se ne sarebbero mai uscite.






         132
   129   130   131   132   133   134   135   136   137   138   139