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APPROFONDIMENTI DI PERCORSO                         Attività 9



                   L’ochetta Martina





               La mia prima ochetta selvatica era venuta al mondo,
               e io aspettai che diventasse abbastanza robusta da
               riuscire ad alzare la testina e muovere i primi passetti.
               Teneva il capino inclinato e mi osservava con un
               solo occhio, perché la maggior parte degli uccelli
               usa un solo occhio quando vuole ottenere imma-
               gini più nitide. Quando io pronunciai una parola,
               quell’esserino mi “salutò”: col collo ben teso e la
               nuca appiattita, pronunciò il verso con cui le oche
               selvatiche esprimono i loro stati d’animo.
               La mia intenzione era di affidare la piccola oca selvatica alle cure della vecchia oca
               domestica, così misi la piccina sotto il suo ventre tiepido. Ma dopo pochi minuti
               si sentì un pigolio: “vivivivivi”. La vecchia oca rispose placidamente con lo stesso
               verso, espresso nella sua tonalità: “gangangangang”. Ma l’ochetta non si tranquil-
               lizzò, sbucò da sotto le tiepide piume e mi guardò. Poi si mise tra l’oca e me, e
               singhiozzò “fip... fip... fip!”. Così suona il lamento delle ochette abbandonate: tutti
               i piccoli uccelli fuggiti dal nido emettono un lamento di questo genere.
               Allora io feci un lieve movimento e subito la piccola mi corse incontro con il collo
               teso, salutandomi con un caloroso “vivivivivi”. Era proprio commovente, ma io non
               volevo diventare “mamma oca”! Presi la piccola, di nuovo la misi sotto il ventre
               della vecchia oca bianca e me ne andai. E sentii dietro di me: “fip... fip... fip...”. La
               poverina mi correva dietro disperatamente.
               Avrebbe commosso un sasso, con quel modo di corrermi dietro, inciampando e
               rotolando, eppure con una velocità sorprendente e con una grande decisione: ero
               io sua madre, non la bianca oca domestica! Sospirai e la presi in mano. Pesava non
               più di cento grammi. La piccola fu battezzata solennemente col nome di Martina
               e sviluppò un grande attaccamento a me.
                                                                   Konrad Lorenz, L’anello di Re Salomone, Adelphi

                    Rispondi.
                     Perché la piccola oca utilizza un solo occhio per osservare?

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                     Che cosa fanno tutti i piccoli uccelli fuggiti dal nido?

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                     La piccola oca chi considera come “madre”? Come si comporta, di conseguenza?

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         32               Obiettivo: Leggere e comprendere un testo narrativo di argomento scientifico.
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