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IMPARARE FACILE
La gabbianella e il gatto, pagine 96 e 97
Interventi di semplificazione sul TESTO ORIGINALE
Le promesse di Zorba
Il gatto nero grande e grosso prendeva il sole sul balcone a pancia all’aria. Il suo nome
era Zorba. Nel preciso istante in cui Zorba si girò pigramente per farsi scaldare la schiena,
sentì il sibilo di qualcosa che si avvicinava a gran velocità. Fece appena in tempo a
scansarsi per schivare la gabbiana che cadde sul balcone. Era un uccello molto sporco.
Aveva tutto il corpo impregnato di una sostanza scura e puzzolente.
– Sembri ridotta malissimo. Che cos’è tutta quella roba che hai addosso? – miagolò Zorba.
– Sono stata raggiunta da un’onda nera. Non so se ce la farò... – stridette la gabbiana.
Zorba pensò che la povera gabbiana stava delirando e disse: – Riposa un po’, ora...
– Non ho tempo di riposare. Voglio deporre un uovo. Promettimi che non lo mangerai.
– Prometto che non mangerò l’uovo – ripeté Zorba.
– Promettimi che ne avrai cura finché non sarà nato il piccolo – continuò la gabbiana.
– Va bene, ti prometto che avrò cura dell’uovo finché non sarà nato il piccolo.
– E promettimi che gli insegnerai a volare.
– Ti prometto che gli insegnerò a volare. E adesso riposa, io vado in cerca di aiuto... –
miagolò Zorba balzando direttamente sul tetto.
Con le ultime forze che le restavano, la gabbiana depose un ovetto bianco con tante
macchioline, che rotolò accanto al suo corpo.
Una mamma speciale
Per molti giorni il gatto nero grande e grosso rimase sdraiato accanto all’uovo,
proteggendolo con tutta la delicatezza delle sue zampe pelose. La sera del ventesimo
giorno Zorba stava dormicchiando e perciò non si accorse che l’uovo si muoveva.
Lo svegliò un solletichino alla pancia. Aprì gli occhi e non poté evitare un sussulto
quando si accorse che, da una crepa nel guscio, appariva e scompariva una puntina gialla.
Zorba prese l’uovo tra le zampe anteriori e così vide che il pulcino beccava fino ad aprirsi
un varco attraverso il quale fece capolino la sua minuscola testa umida e bianca.
– Mamma! – stridette il piccolo gabbiano.
Zorba non seppe che cosa rispondere. Il piccolo, ormai fuori dall’uovo, cercò di fare
qualche passo ma crollò accanto alla pancia di Zorba.
– Mamma! Ho fame! – stridette, beccandogli la pelliccia.
Che cosa poteva dargli da mangiare? Sapeva che i gabbiani si nutrono di pesce, ma
dove lo trovava lui adesso un pezzo di pesce? In preda alla disperazione, ricordò che
il pulcino era un uccello e che gli uccelli mangiano gli insetti. Uscì sul balcone e aspettò
pazientemente che una mosca arrivasse a tiro delle sue grinfie.
Non tardò a catturarne una e a consegnarla all’affamato.
Il piccolo prese la mosca nel becco e, chiudendo gli occhi, la ingoiò. Soddisfatto, fece un
ruttino e si rannicchiò stretto stretto al ventre di Zorba.
– Ho sonno, mamma! – stridette.
– Senti, mi dispiace, ma io non sono la tua mamma... – miagolò piano Zorba.
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