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ASCOLTO E PARLATO ITALIANO
La vicenda ebbe un inizio improvviso, come spuntato dal nulla.
I fratelli Dollybutt erano usciti a cercare funghi nei boschi e nei prati intorno a casa loro.
Emma, che coi suoi quindici anni era la maggiore, aveva capelli biondi e occhi azzurri.
I gemelli Conrad e Ivan avevano dodici anni e si assomigliavano come gocce d’acqua,
con capelli color delle castagne e piccoli nasi a patatina così cosparsi di efelidi che
sembravano uova di tordo. Avevano raccolto un bel paniere di funghi e stavano ora
tornando a casa quando, improvvisamente, parve che il sole si fosse nascosto dietro una
nuvola. Un’ombra enorme calò sul giardino. E con grande meraviglia i ragazzi udirono
una voce tonante che li chiamava dall’alto.
– Ehilà! Voi laggiù, ragazzi! – gridava la voce.
Emma e i gemelli alzarono gli occhi, a bocca aperta, e apparve loro una scena davvero
fantastica e sorprendente.
Alta su di loro planava una gigantesca mongolfiera, iridescente come una bolla di sapone.
Al pallone era appesa una straordinaria struttura fatta di bambù: pareva un colossale
cestone da bucato, ma aveva tanto di finestre, tapparelle e una porta d’ingresso.
Il tutto culminava in una sorta di veranda da cui spuntavano tre grandi telescopi; e
lungo uno dei lati facevano capolino una folta barba bianca e due baffoni da tricheco.
– Voi laggiù! – continuò la voce: era simile a un aspro ruggito, come se il suo proprie-
tario avesse passato la vita a fare gargarismi con la ghiaia. – Siete i ragazzi Dollybutt?
– Sì, siamo noi – rispose Emma. – E lei chi è?
– Sono il vostro prozio Lancelot, naturalmente! Non vi ha parlato di me, vostra madre?
I ragazzi scossero la testa. I baffoni ebbero un fremito di impazienza.
– Bene, datemi una mano e sarò a terra in un batter d’occhio.
Lancelot calò due lunghe funi e chiese ai ragazzi di legarle a due alberi. Poi fece uscire
l’aria dal pallone e si udì un leggero sibilo, come un cesto pieno di cobra che cantic-
chiano sommessamente fra sé e sé. Tra gemiti e cigolii la grande struttura si posò sul
prato, e precisamente sull’aiuola preferita della signora Dollybutt.
La porta si aprì e apparve il prozio Lancelot.
Il vecchio si tolse il cappello e poi, con grande imbarazzo di Emma, le prese una mano
e gliela baciò: i baffi e la barba erano così ispidi che le parve di aver messo la mano in
un mucchio di fieno.
– Tu devi essere Emma – osservò lui, arretrando a esaminarla. – E voi dovete essere
Ivan e Conrad, anche se solo il cielo saprebbe distinguervi.
I gemelli si presentarono, e Lancelot strinse loro la mano con energia.
I ragazzi gli fecero strada verso la casa: quando entrarono in cucina la signora Dollybutt
fu talmente scossa dal rombante saluto di Lancelot che lasciò cadere sul pavimento
il vassoio di biscotti che teneva fra le mani. Lancelot se la strinse tra le braccia e le
stampò due sonori bacioni sulle rosee guance.
– Sally, è bello rivederti! – esclamò, scrutandola con affetto. – È davvero troppo tempo
che sono via!
– Ehm... è un piacere vederti – rispose lei con un certo nervosismo. – Come sei venuto?
– Con la mia mongolfiera – disse Lancelot. – È l’unico sistema per viaggiare come si
deve. Ho provato ogni mezzo di trasporto: carovane di cammelli, tiri di yak, navi, aerei,
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