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IL PERCORSO DI ASCOLTO




                             Teseo e il Minotauro, pagina 103


            Minosse, re di Creta, teneva rinchiuso nel Labirinto del Palazzo di Cnosso il Minotauro, un
            essere mostruoso che aveva corpo di uomo e testa di toro.
            Il Minotauro si nutriva di carne umana: perciò, ogni anno nel Palazzo venivano introdotti
            sette giovani ragazzi e sette fanciulle, da dare in pasto al mostro.
            Un giovane di nome Teseo decise di porre fine a tutto questo, uccidendo il Minotauro.
            Quando arrivò al Palazzo di Cnosso conobbe Arianna, figlia del re Minosse. La ragazza
            si innamorò subito di lui e, sentendo le sue intenzioni, lo avvisò: – Il Minotauro si trova
            al centro di un Labirinto fatto di mille tranelli... Anche se tu riuscissi a ucciderlo, non
            riusciresti più trovare la via del ritorno!
            Arianna diede a Teseo un grosso gomitolo di filo e gli disse: – Voglio aiutarti. Non lasciare
            mai questo filo: quando avrai ucciso il Minotauro, ti servirà per tornare indietro senza
            perderti tra le strade del Labirinto.
            – Stai certa che non lo abbandonerò neanche per un attimo! – ribatté Teseo con
            riconoscenza. Poi entrò nel Labirinto.
            Quando arrivò nella sala centrale, l’orribile mostro lo accolse con dei versi spaventosi,
            roteando gli occhi. Teseo non si perse d’animo: affrontò il Minotauro e, con molto
            coraggio, riuscì a ucciderlo.
            Poi incominciò a riavvolgere il filo che gli aveva dato Arianna e, in poco tempo, fu fuori
            dal Labirinto.
            Grazie all’intelligenza della principessa, Teseo era salvo e i giovani destinati a diventare
            vittime del mostro erano finalmente liberi.
            da “Scoprire si può”, Gaia Edizioni





                             Mia zia è un mostro, pagina 149


            La zia Enrica, a vederla, sembra proprio simpatica: è piccola e perfettamente rotonda,
            con minuscoli occhiali cerchiati d’oro, minuscole scarpette a punta, minuscoli guanti che
            andrebbero bene a una bambola. E ride, o sorride, quasi sempre.
            Quando si entra in casa sua si sentono, nell’ordine, una vocetta acuta che arriva dal
            salotto (è lei che parla ininterrottamente col canarino), un profumo di dolci che avvolge la
            stanza (è la sua domestica che ha appena tirato fuori una teglia dal forno) e le parole dei
            miei genitori che, a bassa voce, mi fanno le ultime raccomandazioni: – Comportati bene!
            Non fare come al solito!
            Il “solito” sarebbero gli sbadigli che mi scappano, inevitabilmente, nel bel mezzo dei
            racconti della zia, e i piedi che si muovono per conto loro mentre lei parla, parla, parla...
            Ne ha, di cose da raccontare: a darle retta, si potrebbe pensare che sia stata un po’
            dappertutto e che abbia visto tutto.
            Ma lo sanno anche i sassi che la zia Enrica non si è mai mossa dalla sua città, e che
            addirittura non esce quasi mai di casa!



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