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ITALIANO



            Meno male, è ora di andare: un bacetto che somiglia a una beccatina, l’ultimo biscotto
            da infilare in tasca, e poi via per le scale.
            – Oddio, l’ombrello!
            È rimasto in casa della zia e la mamma mi manda a riprenderlo.
            Eccolo qui, sulla cassapanca dell’ingresso. Ma... cos’è questo strano rumore, questo
            potente fruscio che viene dal salotto, questo misterioso raspare, questo improvviso grido
            d’uccello? No, non può essere il povero Cicci, il canarino: a meno che non sia diventato
            un’aquila reale.
            E come mai la zia Enrica non dice nulla? Chissà cosa sta succedendo... Un occhio alla
            serratura e... la mia bocca si spalanca in un “O” perfetto.

            Sul davanzale della finestra c’è la zia Enrica, con la solita faccia rosa da porcellino e
            gli occhiali d’oro: ma le sue braccia sono diventate due ali ampie, fortissime, coperte di
            nere penne robuste, e al posto delle gambe ha certe zampotte da uccello grosse e corte,
            con potentissimi artigli fatti per aggrapparsi, per afferrare, per stringere... Sì, mia zia è
            davvero un mostro! Ecco che spiega le ali, sta per spiccare il volo. Adesso non mi resta
            che una cosa da fare: spalancare la porta, correre verso di lei, gettarle le braccia al collo e
            dirle: – Mi porteresti a fare un giretto, per favore?

            Francesca Lazzarato, Arrivano i mostri, Salani Editore




                                      L’ombrello, pagina 166


            L’ombrello è un fiore di tessuto
            impermeabile che fiorisce nel bel mezzo
            dell’inverno.

            Inizia la pioggia:
            plin,
            plin,
            plin.

            E gli ombrelli aprono i loro petali:
            flop,
            flop,                                                  Piove.
            flop.                                                  Piove.
            E le persone che lo sanno                              Le persone escono per strada,
            dimenticano per un attimo che è inverno,               aprono gli ombrelli.
            dimenticano persino di essere persone                  Vanno dalla scuola al parco,
            e si sentono api, bruchi, farfalle sotto un albero.    dal parco al panettiere.
                                                                   Plin, plin.
                                                                   Flop, flop.
                                                                   E pare un giardino che cammina.

                                                                   Maria José Ferrada, Il segreto delle cose,
                                                                   Topipittori


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